Smartphone migliore della fotocamera? 3 svantaggi e 3 vantaggi

Nella scelta di quale fotocamera acquistare abbiamo detto, poco tempo fa, che anche lo smartphone oggi è quantomeno uno strumento che può essere a complemento di una DSLR o di una mirrorless. Ad esempio uno smartphone come l’iPhone 11 PRO può essere considerato uno smartphone inutilmente costoso o una scelta molto conveniente che combina il telefonino con una buona fotocamera compatta.
Quello che scriveremo in questo articolo, ad ogni modo, vale per qualunque smartphone di fascia alta dotato di un eccellente comparto fotografico, anche se c’è qualche considerazione extra da fare per alcuni smartphone come lo Xiaomi da 108 megapixel, apparentemente capaci di scattare foto quasi 10 volte più definite degli smartphone di Samsung ed Apple.
Svantaggi dello smartphone rispetto alle fotocamere
1. Effetto bokeh
L’effetto bokeh nasce dal fatto che una qulsiasi lente può mettere a fuoco esattamente ad una sola distanza per volta e tutto ciò che sta aldilà e aldiqua di quella distanza tende a sfocare man mano che ci si allontana da quella distanza “di messa a fuoco”. La “velocità” con cui la sfocatura emerge dipende però dalla distanza di messa a fuoco (più è vicina più si otterrà sfocatura) e dall’apertura del diaframma (più è aperto più aumenta la sfocatura). Tutto questo, combinato con la scelta di alcune focali dell’obiettivo, concorre a determinare dunque la profondità di campo.
Gli smartphone oggi hanno quasi sempre più fotocamere, ma ciascuna di esse ha un diaframma fisso. Inoltre, per motivi di spazio, si usano sensori piccoli e lenti piccole, con lunghezze focali piccole. Questo comporta per motivi tecnici la tendenza a produrre immagini quasi del tutto a fuoco e dunque senza bokeh.
Da pochi anni a questa parte, tuttavia, è stata introdotta negli smartphone con almeno 2 fotocamere la modalità “Ritratto” (nota anche con altri nomi a seconda del produttore), che via software combina le immagini delle due fotocamere per separare il soggetto in primo piano dallo sfondo, sfocando quest’ultimo.
Si tratta di un “accrocchio” (per quanto molto elegante e complesso) e non di una vera profondità di campo gestita in modo ottico. Piuttosto, viene usata la prospettiva e una intensa elaborazione software.
Il limite di questo approccio è che ancora non è comparabile con la qualità e la flessibilità di una profondità di campo ottica.
In termini di qualità, basta provare a fare un ritratto ad una persona, magari con i capelli un po’ crespi, mettendole come sfondo uno scenario ricco di dettagli, come ad esempio della vegetazione. Facendo lo scatto in modalità ritratto, si potrà notare zoomando che i bordi della testa hanno qualche problema, in particolare sembrano fondersi con lo sfondo. L’algoritmo di creazione della profondità di campo tende poi a funzionare peggio su soggetti in movimento.
In termini di flessibilità, questa modalità funziona solo a partire da una distanza minima che non è così piccola, quindi non è sempre usabile.
2. Lunghezza focale corta
La lunghezza focale è la capacità di un obiettivo di variare il proprio angolo di campo, isolando così un dettaglio o, viceversa, allargando l’inquadratura e catturando così un panorama più ampio. In modo più colloquiale ma intuitivo, si può dire che allungare la lunghezza focale corrisponde a “zoomare”. Il problema è che negli obiettivi fotografici questo effetto si può ottenere in vari modi, ma solo uno preserva la qualità globale dell’immagine: usare lenti più lunghe.
Il problema è che uno smartphone deve usare lenti corte, quasi del tutto incassate in una scocca già molto sottile. Le soluzioni possibili sono dunque 3: usare sensori molto piccoli ma anche molto meno performanti (soprattutto con le basse luci), aumentare i megapixel (anche qua riducendo la qualità dell’immagine) o ritagliare un’immagine più “ampia” isolando un dettaglio, riducendo così la dimensione complessiva del quadro. Spesso si usa una combinazione di tutti e 3 questi elementi, ad esempio ritagliando l’immagine ma usando molti megapixel in partenza, così da non ottenere immagini troppo piccole.
3. Pochi megapixel
C’è da dire innanzitutto che questo non vale per alcuni smartphone che superano addirittura i 100 megapixel, anche se ovviamente guardando bene il funzionamento di questi telefoni e tenendo presente che perfino le DLSR di fascia altissima erano attestate fino a poco tempo fa sui 20 megapixel (oggi qualcuno ha raggiunto i 60), si capisce che c’è qualcosa che non quadra.
Il fatto è che un sensore per generare immagini con grande gamma dinamica, nitidezza e resistenza al rumore in condizioni di bassa luce, a parità di tecnologia, è messo in migliori condizioni quando i pixel sono più grandi. Questo di fatto limita la quantità di megapixel che si possono concentrare su un sensore così piccolo.
Infatti anche gli smartphone da 108 megapixel, in realtà scattano le foto ad 1/4 di questa capacità (27 megapixel) se non in condizioni di luminosità molto elevata; inoltre le loro performance in situazioni di bassa luce sono più scadenti rispetto a smartphone di qualità alta con meno megapixel. A questo link si possono trovare alcune dimostrazioni.
Il problema dunque è il sensore, che essendo più piccolo rispetto ad un APS-C o ad un Full Frame, ci consegna foto un po’ piccole.
C’è un altro fattore poi da considerare: più megapixel ci sono in una foto, più questa diventa pesante per la memoria. Uno smartphone tende a memorizzare le foto nella propria memoria o su servizi cloud e in un certo senso questo è anche il suo pregio, perché possiamo rivedere dopo anni le nostre foto, che sono sempre con noi. Tuttavia se si dovessero memorizzare migliaia di foto con risoluzioni di 20, 40 o 60 megapixel, le memorie dei cellulari si saturerebbero molto prima e in ogni caso molto frequentemente le foto verrebbero comunque ridotte per la condivisione su WhatsApp, Facebook e Instagram.
Vantaggi dello smartphone rispetto alle fotocamere tradizionali
1. La miglior fotocamera è quella che hai con te (Chase Jarvis)
Davvero riesci a portarti dietro sempre la tua DSLR o Mirrorless? Quante volte invece esci di casa con lo smartphone? Ecco, lo smartphone dotato di buona fotocamera diventa un pretesto eccezionale per moltiplicare le tue occasioni di fare una bella foto. I limiti dello smartphone possono poi essere uno spunto per migliorare la propria creatività e imparare a cavarsela anche quando la strumentazione non è da “top di gamma”.
2. Discrezione, maneggevolezza e leggerezza
Questo vale esclusivamente nel campo della food photography: più l’attrezzatura fotografica è piccola e vistosamente non-professionale, meno timore nasce nei soggetti intorno a voi. Quindi se iniziate a fare foto per strada alle persone travestiti da turisti e usando lo smartphone, probabilmente nessuno avrà nulla da ridire. Ad esempio è possibile scattare le foto anche usando i pulsanti degli auricolari.
Poi c’è la questione della comodità: difficilmente una fotocamera può essere così leggera e compatta come uno smartphone. Nessuna cinghia al collo che pesa e che fa caldo: quando non serve, lo si mette in tasca.
3. Fotografia e fotoritocco sullo stesso device
Con lo smartphone puoi fare belle fotografie, ma puoi renderle ancora più belle usando alcune semplici App di fotoritocco. Ad esempio su iPhone la App della fotocamera è già dotata di numerosi controlli di eccellente qualità e di alcuni, pochi ma ecellenti, filtri. Su tutte le piattaforme è disponibile VSCO (a pagamento) con ottimi filtri e la gratuita Snapseed che consente addirittura di effettuare correzioni locali. Fare fotoritocco con lo smartphone è molto divertente e veloce ed è possibile condividere immediatamente le foto senza fare trasferimenti da schede di memoria al PC e viceversa.
Conclusione
Sicuramente non si può dire che lo smartphone sia la miglior macchina fotografica disponibile, ma di sicuro per certi usi (anche didattici) può essere un’interessante alternativa da non sottovalutare.
Complimenti per la breve ma eloquente dissertazione sull’argomento.
I produttori di fotocamere vedono gli smartphone come una nemesi. Invece dovrebbero avere l umiltà di apprendere dai principali produttori di smartphone. Ad esempio il macchine learning.